domenica 12 luglio 2020

87 PARALISI CEREBRALE CORAGGIO

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                          Centro diurno 

Quando ero in Bulgaria, per una vita intera, ma soprattutto da quando non ci sono più stati i nonni, ho vissuto con il senso di colpa di non fare abbastanza per mia figlia. 
Negli anni più difficili, dopo il 1989, ogni tanto lavoravo quasi 24 su 24 ore, per poter vivere in modo normale. 
Non avevo tempo per stare con lei. 
La vedevo quando era ora di mangiare, per pulirla, per fare la doccia, e per dormire la notte con lei. 
Era notte, 
quando la mettevo a letto e al mattino andavo per ricominciare la routine, 
in un altro capitolo del libro descrivo quegli anni pesantissimi. 
Mi sentivo una traditrice nei confronti di mia figlia. 
Non ci sono parole per raccontare come soffrivo, quando per due anni e mezzo lei ha vissuto in Bulgaria da sola con suo padre; 
a quel tempo si sono sostituite numerose badante. 
Sono arrivata in Italia, per aiutare suo fratello in un momento difficile. 
Era fermamente deciso a vivere in Italia, ma i primi messi, i primi anni, furono pesantissimi per quel ragazzo di vent’anni. 
Mio secondo compito, inoltre, era ripagare i debiti che crescevano nella mia attività in Bulgaria. 
A quel tempo lavoravo come badante in una famiglia con una ragazza Down. 
Tre giorni a settimana la preparavo al mattino per il centro diurno, gli altri quattro giorni stava a casa. 
Quei tre giorni erano meravigliosi per lei, nonostante tutti i problemi per alzarla, vestirla e aspettare la Croce Rossa che la portava al centro. 
Il ritorno la sera era di nuovo pieno di emozioni quando raccontava come aveva passato la giornata. 
Vedendo come si prendevano cura dei disabili, ho deciso di portare mia figlia in Italia. 
Volevo che andasse in un centro diurno per passare il tempo là, e stare in compagnia dei suoi coetanei. 
Volevo che vedesse la vita fuori di casa e si sentisse speciale, come ogni giovane donna. Sognavo come vestirla al mattino per uscire, di farla sentire bella in attesa di quel viaggio, per ottenere un complimento magari da parte di qualche gentile italiana o italiano... cose che, se avesse continuato a stare a casa non sarebbero potute succedere. 
Ma cos’è un centro diurno? È un posto dove persone che hanno problemi mentali passano insieme il giorno, mentre i familiari lavorano. Sono cooperativi sociali, per cui per alcuni questo è il lavoro principale. 
In mio libro parlo per i malati e per le loro famiglie, spiegando loro i miei due punti di vista sull’argomento: 
1) come possiamo aiutare per risolvere i problemi di questi ragazzi insieme allo stato, ai comuni e alle cooperative (per cui è un vero e proprio lavoro, anche se non parlerò della loro struttura amministrativa e finanziaria ecc.)
2) i problemi che porta la disabilità per una persona, a se stessa e alla sua famiglia. Cominciamo con il primo punto. 
Il mio modo di pensare si affida sempre alla matematica. 
Pensiamo ad un triangolo: 
- il primo lato è lo stato che lavora con il popolo tramite il comune con l’assistente sociale che rappresenta le persone in difficoltà; 
- l secondo lato è il centro diurno che si affida per esempio alla cooperativa; 
-il terzo lato è la persona disabile con la sua famiglia. 
Questo triangolo è bello ed equilibrio, quando gli angoli sono a 60° e i lati sono uguali. 
Questo significa che tutte e tre le parti sono contente. I problemi sono bilanciati. 

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