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Io voglio aiutare voi, cari miei lettori, trasmettervi la mia fede che con il tempo ci aiuta sempre.
I nostri figli, anche se piano, vanno avanti, quando hanno amore e calore in famiglia.
Se nelle famiglie con figli sani i genitori possono dire
«Noi ci siamo fino a qui»,
nelle nostre famiglie non esiste il
“fino a qui”!
Noi dobbiamo prima di tutto fare il possibile per dare al nostro bambino sano la sua casa o il suo appartamento privato, essere pronti a fare di tutto per sostenerlo e dargli un aiuto forte, di modo che anche lui sia poi “forte” per aiutare suo fratello, per stargli vicino e dargli un posto dove stare se necessario.
Così noi abbiamo la speranza che il malato non rimanga senza una casa e senza aiuto.
Lo so che adesso ci dicono che c’è l’assistente sociale che si prenderà cura di loro, quando noi non saremo in grado di farlo.
Adesso sì, ma i tempi cambiano.
Domani non si sa come gireranno la politica e il mondo intero...
Se c’è qualcosa di sicuro, è meglio.
Questo lo facciamo anche per noi, per la nostra anima e il nostro cuore.
Fin da quando sono piccoli, vanno educati a volersi bene, a rispettarsi, ad aiutarsi, a lavorare insieme...
Per questo non dobbiamo risparmiare il nostro tempo quando si tratta di amore, sapere, desiderio, responsabilità e speranza, affinché tutto ciò rimanga nei loro cuori.
Attenzione, però!
C’è un grande errore che non dovete fare:
il figlio sano non deve diventare il badante di quello malato.
Ognuno deve capire che devono avere la loro individualità, la loro vita privata, piena di bellezza e dignità.
I figli crescono e, quando sono in grado di lavorare, devono lavorare.
Mia figlia ha un grave ritardo e non può fare niente.
In Italia, però, mi piace che, come in ospedale, aprano posti di lavoro per malati in forma più leggera:
sono agli sportelli di informazione, vendono giornali, aiutano in tanti altri posti.
Spesso sono i genitori stessi che aiutano i loro figli a trovare un lavoro che possono fare; spesso infatti sono persone estremamente buone e gentili, come principale caratteristica, e ho visto con i miei occhi come siano proprio loro ad essere cercati dalla gente per un aiuto. Sarebbe bello se sempre queste persone potessero vivere in case proprie, magari accanto a fratelli, amici, sentirsi chiamare “zia” o “zio”.
Possono anche vivere insieme ad altre persone in situazioni simili alle loro, assistiti da assistenti sociali, ma solo se non ci sono parenti a questo mondo a poter dare una mano.
Non sono d’accordo di lasciare questi ragazzi senza un lavoro.
Se per i ragazzi sani il lavoro è una scelta, per i ragazzi malati lavoro significa vivere.
Nel lavoro trovano contatti e comunità.
Se siamo noi a non poter lavorare...
Se non abbiamo alternativa,
se non possiamo uscire da casa,
se non abbiamo nessuno che ci dia una mano,
se non possiamo andare a lavoro perché non abbiamo possibilità di pagare una badante, trovate un’altra strada per la vostra vita!
Io ho risolto il problema lavorando da casa.
Per darvi un’idea, vi racconterò i lavori che ho fatto nella mia vita con una bambina malata.
Noi madri con bambini con paralisi cerebrale, non abbiamo tanto tempo per sviluppare le nostre attività,
non possiamo fare lavori faticosi,
o per cui servono nervi saldi,
concentrazione e tempo,
poiché dobbiamo riservare tutto ciò ai nostri malati.
Con l’impegno e la persistenza però,
possiamo rimanere noi stessi,
e andare avanti anche seguendo le nostre esigenze.
È importante mantenere la nostra formazione professionale
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Io voglio aiutare voi, cari miei lettori, trasmettervi la mia fede che con il tempo ci aiuta sempre.
I nostri figli, anche se piano, vanno avanti, quando hanno amore e calore in famiglia.
Se nelle famiglie con figli sani i genitori possono dire
«Noi ci siamo fino a qui»,
nelle nostre famiglie non esiste il
“fino a qui”!
Noi dobbiamo prima di tutto fare il possibile per dare al nostro bambino sano la sua casa o il suo appartamento privato, essere pronti a fare di tutto per sostenerlo e dargli un aiuto forte, di modo che anche lui sia poi “forte” per aiutare suo fratello, per stargli vicino e dargli un posto dove stare se necessario.
Così noi abbiamo la speranza che il malato non rimanga senza una casa e senza aiuto.
Lo so che adesso ci dicono che c’è l’assistente sociale che si prenderà cura di loro, quando noi non saremo in grado di farlo.
Adesso sì, ma i tempi cambiano.
Domani non si sa come gireranno la politica e il mondo intero...
Se c’è qualcosa di sicuro, è meglio.
Questo lo facciamo anche per noi, per la nostra anima e il nostro cuore.
Fin da quando sono piccoli, vanno educati a volersi bene, a rispettarsi, ad aiutarsi, a lavorare insieme...
Per questo non dobbiamo risparmiare il nostro tempo quando si tratta di amore, sapere, desiderio, responsabilità e speranza, affinché tutto ciò rimanga nei loro cuori.
Attenzione, però!
C’è un grande errore che non dovete fare:
il figlio sano non deve diventare il badante di quello malato.
Ognuno deve capire che devono avere la loro individualità, la loro vita privata, piena di bellezza e dignità.
I figli crescono e, quando sono in grado di lavorare, devono lavorare.
Mia figlia ha un grave ritardo e non può fare niente.
In Italia, però, mi piace che, come in ospedale, aprano posti di lavoro per malati in forma più leggera:
sono agli sportelli di informazione, vendono giornali, aiutano in tanti altri posti.
Spesso sono i genitori stessi che aiutano i loro figli a trovare un lavoro che possono fare; spesso infatti sono persone estremamente buone e gentili, come principale caratteristica, e ho visto con i miei occhi come siano proprio loro ad essere cercati dalla gente per un aiuto. Sarebbe bello se sempre queste persone potessero vivere in case proprie, magari accanto a fratelli, amici, sentirsi chiamare “zia” o “zio”.
Possono anche vivere insieme ad altre persone in situazioni simili alle loro, assistiti da assistenti sociali, ma solo se non ci sono parenti a questo mondo a poter dare una mano.
Non sono d’accordo di lasciare questi ragazzi senza un lavoro.
Se per i ragazzi sani il lavoro è una scelta, per i ragazzi malati lavoro significa vivere.
Nel lavoro trovano contatti e comunità.
Se siamo noi a non poter lavorare...
Se non abbiamo alternativa,
se non possiamo uscire da casa,
se non abbiamo nessuno che ci dia una mano,
se non possiamo andare a lavoro perché non abbiamo possibilità di pagare una badante, trovate un’altra strada per la vostra vita!
Io ho risolto il problema lavorando da casa.
Per darvi un’idea, vi racconterò i lavori che ho fatto nella mia vita con una bambina malata.
Noi madri con bambini con paralisi cerebrale, non abbiamo tanto tempo per sviluppare le nostre attività,
non possiamo fare lavori faticosi,
o per cui servono nervi saldi,
concentrazione e tempo,
poiché dobbiamo riservare tutto ciò ai nostri malati.
Con l’impegno e la persistenza però,
possiamo rimanere noi stessi,
e andare avanti anche seguendo le nostre esigenze.
È importante mantenere la nostra formazione professionale
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