martedì 14 luglio 2020

105 PARALISI CEREBRALE CORAGGIO

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...periodo in caserma, era una questione di tempo che si mettesse di nuovo in viaggio. 
È arrivato per vivere in Italia a 20 anni, ma nella seconda settimana si è reso conto che c’è un’altra Italia, una seconda Italia, con fame, povertà, lavoro non retribuito, con persone avide e dedite a traffici ingannevoli, ma non voleva tornare: 
«Mamma, vieni ad aiutarmi!». 
Come lasciar solo il mio dono di Dio e della Santa Madre? 
Sono partita sei settimane dopo di lui. 
Ho lasciato mia figlia con suo padre senza trovare una donna sicura che si prendesse cura di lei. 
In quel tempo, dieci anni fa, in Bulgaria era difficile trovare gente pronta a lavorare come badante. 
Grazie ad una mia amica e ad una famiglia di amici, i primi più difficili giorni mio marito ha potuto avere il loro aiuto. 
Loro tenevano la stufa accesa e davano da mangiare e pulivano la ragazza. 
Dopo mio marito ha trovato diverse badanti e mia figlia è rimasta in Bulgaria sola con suo padre per due anni e otto mesi, ma in quel tempo non è riuscito a trovare una donna che fosse veramente brava; 
gli ultimi cinque mesi alle sue cure ci ha pensato mia madre già molto ammalata. 
C’era un altro motivo per andare all’estero: 
il nostro negozio era pieno di debiti che naturalmente non potevamo rimborsare. 
Erano tempi bruttissimi per la mia famiglia. 
Tutti e quattro eravamo allo stremo della forza e questo continuava da mesi e mesi. 
Non lo auguro a nessuno. 
Sono partita a dicembre e a luglio dell’anno successivo ancora nessun passo avanti, mio figlio era senza lavoro. 
Io non dormivo da mesi perché curavo un nonno di 81 anni che aveva subito due gravi operazioni. 
Notte e giorno non dormiva, chiamava, gridava il mio nome, perché pensava che potessi aiutarlo. 
Dalla Bulgaria arrivavano solo cattive notizie. Notte e giorno mi chiedevo cosa avessimo fatto di male, dove avessimo sbagliato per essere costretti a vivere così, in più separati. 
Una notte mi sono svegliata per uno strano rumore, potrei descriverlo come il rumore degli altoparlanti in una grande piazza, ma così forte che non si capiva nulla. 
Spaventata, mi sono alzata e ho acceso la luce in tutta la casa per vedere dia dove arrivasse il rumore; 
la Tv era spenta, la radio anche. 
Ho aperto il portone. 
Fuori i vicini dormivano, in silenzio. Le case intorno erano nel buio, ma il rumore era ancora così forte... 
Mi è passato per la testa il pensiero che questo rumore fosse solo lì dentro, così ho cominciato a chiedermi come fare per risolvere questo problema. 
Grazie a Dio, in quel preciso momento il nonno dormiva e allora ho pensato: 
prendi un foglio e scrivi! 
Subito ho preso una penna e un foglio e il rumore subito si è abbassato. 
Non era così forte ora e si poteva comprendere qualche parola. 
Quello che subito mi ha stupito era che le parole fossero nella mia lingua materna, il bulgaro. 
Da quando ero arrivata in Italia, parlavo il bulgaro solo al telefono con i familiari e una bulgara che lavorava come badante nella stessa città. 
Tutto il resto del tempo, per apprenderlo il più rapidamente possibile, parlavo, scrivevo, pensavo e sognavo solo in italiano. 
Aspettavo con la penna in mano quello che dovevo scrivere, il rumore si era abbassato ancora e ora lo sentivo bene. 
La voce era gracchiante ma solenne. 
Ha ripetuto la stessa frase tre volte. 
Dopo mi è sembrato di percepire un silenzio solenne. 
Per non perdere nulla, ho fatto lo sforzo di registrare fino all’ultima parola. 
Non potevo in quel momento comprendere il contenuto. 
Quando ho terminato, ho spento tutto e sono andata a letto. 
L’ultimo pensiero, a chi far vedere quello che avevo scritto sul foglietto. 
Mi sentivo rilassata e leggera e subito mi sono addormentata. 
Il mattino è iniziato normalmente. 
Lavoro, negozio, pulizie, cucinare, nonno; 
non osai aprire il biglietto per paura di 
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